PERCHÉ?
Scegliere di lavorare sull’Orestea è una sfida attorale e registica perché ci si confronta con una scrittura antica che richiama a storie, espressioni e concetti a noi lontani, ma è proprio questa difficoltà e questa bellezza poetica il grande valore aggiunto. I personaggi dell’Orestea sono come le sculture di Pinuccio Sciola, pezzi di basalto nei quali c’è già scritta tutta la nostra storia e come Sciola, occorre togliere una parte e mostrarne l’essenza, facendo “suonare” i personaggi dell’opera.
La scelta di lavorare sull’Orestea nasce perché non c’è nulla di più moderno di lavorare su un classico. Eschilo racconta la storia di una famiglia, quella degli Atridi, condannata a ripetere sempre gli stessi errori, a lavare con il sangue ciò che con il sangue si è distrutto, in un circolo vizioso che sembra ininterrotto e, invece, si interromperà bruscamente. Dopo 2.500 anni di storia, ci ritroviamo a vivere in un mondo nel quale la tracotanza di cui parla Eschilo, la Hybris, non è sparita, anzi. Forse ha solo sfumature diverse, forse è più sofisticata, ma resta nella sua crudeltà perchè riguarda l’essere umano, così fragile.
COME?
Studiando le costellazioni familiari di Hellinger, ci si rende conto che il peso che ci portiamo addosso grava su di noi dalle generazioni precedenti, e l’unico modo per interrompere questa catena è intervenire, in qualche modo. Nelle Eumenidi, esattamente seguendo questo meccanismo, Oreste risolve il suo fardello grazie all’intervento divino, e sarà una divinità femminile, Atena, a interrompere il circolo vizioso del sangue che chiama sangue. La donna, che oggi come allora vive troppo di frequente situazioni di sottomissione psicologica e fisica, interviene nel circolo prima uccidendo chi le ha strappato la cosa più cara (Clitemnestra, che uccide il marito Agamennone, colpevole di molte colpe, di cui la più grave l’uccisione della figlia Ifigenia) e poi in forma di divinità, per interrompere questo ciclo. Nell’Orestea c’è una prima forma di assoluzione del femminicidio, ma viene anche dimostrato quanto l’essere femminile, all’apparenza fragile e sottomesso, sia in grado di ribellarsi quando viene toccato nei suoi affetti più cari. Con una forza e una crudeltà quasi più feroci che quelle di un uomo.
Il Progetto Orestea vuole partire da queste suggestioni per costruire un percorso che nasca dalla volontà di tutti gli artisti partecipanti, chiamati a portare nel progetto la loro storia. L’idea è lavorare sulle contaminazioni, attraverso uno scambio vero tra arti e saperi, costruendo una trilogia di spettacoli che parlino attraverso suoni, immagini (videoarte) e corpi e dove anche il pubblico verrà chiamato a far parte della messa in scena.
QUANDO?
Il Progetto Orestea prevede la realizzazione di tre studi per tre spettacoli.
Ogni estate nella residenza estiva di Io Non Parlo Sono Parlato, sarà affrontata una parte del capolavoro di Eschilo (2013 – Agamennone; 2014 – Coefore; 2015 – Eumenidi) presentato in forma di studio alla fine della settimana, con la partnership del Piccolo Teatro degli Instabili di Assisi.
Nell’estate 2013 è stata studiata la prima parte dell’opera, Agamennone, che ha permesso la realizzazione dello studio Agamennone_la vendetta è femmina.
AGAMENNONE
La vendetta è femmina.
2013